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Rumori Fuori Scena

Dal 26 novembre al 1 dicembre 2019
Rumori Fuori Scena

Rumori Fuori Scena © Teatro Nazionale Genova

Con “Rumori fuori scena”, il drammaturgo inglese Micheal Frayn ha iscritto, nel 1982, anno del debutto a Londra, il suo nome nella lista dei mostri sacri della commedia degli equivoci. La trama è semplice, ma ben congegnata: lo spettatore assiste alla prova generale (primo atto), al dietro le quinte (secondo atto) e allo spettacolo vero e proprio (terzo atto), messo in scena da una sgangherata compagnia teatrale.

Gli attori recitano la parte di attori, e li osserveremo, imparando a conoscerli, da diversi punti di vista, portando così a estreme (e comiche) conseguenze il concetto di metateatro o “teatro nel teatro”, in cui ogni interprete è chiamato a rappresentare un doppio livello di personaggio.

A rimarcare fuori campo, a muoversi in platea commentando con tono spesso piuttosto caustico la prova generale, il regista, che si sforza di tenere insieme il tutto alla meno peggio, accontentandosi di sfangare la serata, una volta di più. Il personaggio del regista, a completare la simmetria, è interpretato da Valerio Binasco, che ha infatti un doppio ruolo di regista: nello spettacolo e dello spettacolo, visto che guida la compagnia del Teatro Stabile di Torino.

Nella sua lettura, il testo di Frayn diventa se possibile ancor più ritmato, e si percepisce una progressiva accelerazione, tra primo e secondo atto e, in misura perfino maggiore, tra secondo e terzo. Parole, movimenti, azioni: interprete e personaggio si sfiorano senza neppure aver tempo di salutarsi. La commedia corre, tra un equivoco e un imprevisto.

E ci scopriamo partecipi delle mille disavventure di Gary, Teddy, Vicky, Poppy e tutti gli altri attori di una compagnia sempre sul punto di sciogliersi, costretti a improvvisare quando il collega dimentica di portare in scena la borsa che dovrebbe dare il la alla loro battuta. Se la cavano però: ora meglio, ora peggio, ma se la cavano sempre. Tirano avanti, con la battuta che, in quella serata, in quel momento, sono in grado di dire.

Così nel bel mezzo di una commedia che più leggera non si può, ci sfiora il pensiero che l’affannarsi dei malcapitati sul palco, scherzoso, non sia poi così lontano da ciò che cerchiamo di fare ogni giorno, alla ricerca ostinata della battuta giusta, e del contesto in cui poterla pronunciare come si deve.

E si fa forse strada, accompagnata da un riso che diventa sorriso, l’idea che il modo più saggio di affrontare questa ricerca, che si rivela spesso infruttuosa e magari, talvolta, frustrante, sia quello di prenderla come un gioco, come un’eterna commedia. Sapendo ridere e sorridere di sé, stando come in platea, anche quando ci si trova sul palco.

Damiano Verda